Quando l’estate sta per finire e tutto sembra annunciare l’arrivo dei primi freddi, ecco che lungo i sentieri di montagna i rami sarmentosi del rovo ci offrono i loro dolci frutti: le more.
Pur essendo una pianta decisamente infestante che tende a sopraffare tutte le specie del sottobosco e riconquistare quanto l’uomo ha strappato alla natura col duro lavoro, le sue siepi sono un habitat importante per molte specie animali, soprattutto insetti e uccelli.
Il Rovo (Rubus ulmifolius) è un arbusto suffruticoso che arriva anche a 2 metri di altezza con fusti sarmentosi coperti di sottili spine che si allungano anche di svariati metri se possono arrampicarsi su dei supporti. Le foglie sono composte di 3-7 foglioline dentate di un verde scuro e più chiare nella pagina inferiore. I fiori bianco-rosati, con cinque petali e riuniti in grappoli, cominciano a manifestarsi in tarda primavera e sbocciano in piena estate per dare, in autunno, dei frutti globosi formati da drupeole carnose di colore blu scuro, quasi nero, dal sapore dolce a completa maturazione.
Le more sono state consumate fin da tempi remoti, come dimostrano reperti risalenti a oltre 2000 anni a.C.; testimonianze “più recenti” le troviamo negli scritti di Eschilo (525-456 a.C.) e ancor di più in quelli di Ippocrate (460-377 a.C.), il grande medico ellenico che annovera le more tra i frutti benefici alla salute.
Infatti, tutte le parti del Rovo sono dotate di benefiche proprietà medicinali: astringenti, depurative, vitaminizzanti e ipoglicemizzanti (combattono il diabete); dalle radici, ricche di tannini, si ottiene una tisana dall’azione astringente e lenitiva e il tè che se ne ottiene è antidiarroico e un valido aiuto per i disturbi intestinali.
I frutti maturi contengono un alto quantitativo di vitamine A e C, antiossidanti e quantità significative di Acido folico, una sostanza necessaria per contrastare l’anemia. Del loro consumo ne beneficia l’apparato circolatorio e, sottoforma di tisana, può essere utile per le ulcere gastriche. Inoltre, dalle foglie più tenere, messe in infusione in acqua calda, si ottiene un tè dal sapore gradevole e dalla lieve azione sedativa.
I germogli più teneri possono essere lessati, mangiati in insalata con poco sale, limone e olio; come pure l’acqua dell’ammollo può essere usata in cucina per la preparazione di risotti o altre ricette al pari degli asparagi.
Ma l’uso più comune riguarda le more che, oltre al consumo diretto, possono essere usate per la preparazione di marmellate, gelatine e sciroppi che trovano utilizzo in tanti prodotti di pasticceria.