“Dalle case alte della nostra città è possibile vedere la linea interrotta e disuguale dell’Appennino di un azzurro cupo, distinto dalla tonalità più calda e morbida del cielo. Nei giorni sereni si distinguono nettamente le colline, variopinte per le colture, e dietro le prime montagne alte, da cui emergono ben rilevate cime inconfondibili: il Cimone, il Cusna, il Ventasso, l’Alpe di Succiso. Più che una cima il Cusna è un complesso di rilievi armonici che fanno subito sorgere l’idea di un corpo enorme steso immobile lassù. L’aspetto di questa figura è ancor più maestoso se vista da vicino e una dolce leggenda è sorta in antico attorno ad essa nella Val d’Asta, la valle che degrada appunto dal versante settentrionale dell’ “Uomo morto”, come è detto il monte. Quando ancora vivevano i giganti, uno di essi era solito in primavera partirsi dalle piane della Toscana e salire, seguito dal gregge scampanellante, sull’ampio altopiano erboso che era a confine con l’Emilia. Lì egli trovava ogni anno tanti uomini, pastori come lui, felicissimi di avere per compagno un essere così forte e buono.”
Il racconto è tratto dal testo “Leggende della Val d’Asta”
di Maurizio Davolio e Fulvio Pezzarossa
anno 1992 AGE – Reggio Emilia