Privacy Policy Cookie Policy

La Croce d’Oro

La Croce d’Oro

O verità o leggenda, mi viene riportato come segue.
Sono anche persuaso che l’ accadimento che sto per raccontare, sia avvenuto in Val d’Asta, più di cento anni fa: nella seconda metà o alla fine nel diciannovesimo secolo.

La Croce d'Oro
Il paese di Febbio (m. 1021s.l.m.) visto dal Monte Torricella (m.1262 s.l.m.) ai giorni nostri e con l’attuale chiesa costruita negli anni trenta dopo il famoso terremoto del ’20, nascosta dall’antistante pineta.- (Foto fatta un giorno di primavera dall’autore)

Il giorno dell’Ascensione, cade normalmente nel mese di Maggio o ai primi del mese successivo di Giugno.
In diversi paesi sia cattolici che protestanti, il giorno dell’Ascensione è considerato festivo anche per gli effetti civili. In Italia, invece, da alcuni anni, è ricompresa fra le festività soppresse.

Da Wikipedia

Durante il Concilio di Elvira (ca. 300-313) fu discussa la data in cui celebrare l’Ascensione, e fu deciso che non andasse commemorata né nel giorno di Pasqua, né in quello di Pentecoste.
Poiché infatti secondo il racconto degli Atti degli Apostoli, l’ascensione di Gesù è avvenuta 40 giorni dopo la Pasqua, ogni anno i cristiani celebrano la festività dell’Ascensione generalmente in tale data.
Poiché la Pasqua è una festa mobile, nel senso che la sua data varia di anno in anno, di conseguenza anche la data della festività dell’Ascensione varia.

Era consuetudine, che in quel santo giorno, il parroco di Febbio con i suoi parrocchiani partissero dalla chiesa di Febbio, che non era quella di adesso, ma posta in posizione più vicina al paese: di fronte all’attuale Bar-Ristoro dove vi sono ora delle abitazioni e fino a poco tempo fa anche un negozio di macelleria, alla volta delle pendici del Monte Torricella, per fare una lunga processione religiosa.

Non mi si dice se prima o dopo la messa di quel giorno festivo. La gente tutta della parrocchia e pertanto oltre a Febbio anche delle borgate di Case Stantini, Roncopianigi e credo anche di Monteorsaro, partivano con il loro prete vestito con gli indumenti sacri per le grandi funzioni religiose e con una croce d’oro posta su di un bastone portacroce, che dicevano essere molto bella, tutta d’oro e ricca di un significato autenticamente religioso, per quella miserevole comunità di alta montagna.
Quindi tutti i fedeli, con il prete e la croce in testa, attraversata la borgata di Febbio, passavano poi davanti ai molini dei Bianchi: prima dinanzi a quello di Luigi (“Lùvisïola di Mundin”) quello che oggigiorno chiamiamo il mulino di Rocco e poco dopo dinanzi a quello della Domenica (“la Pirãgna di Mundin”), chiamata anche ‘Domenica del mulino’, e da quello dei Puglia (“qui d’Urland”) poco distante.
Questi mulini erano posti tutti in fila, in quanto, verosimilmente utilizzavano la stessa acqua derivata dal rio o fosso Grande. Subito dopo sorpassata una casa isolata (“Cà d’lesci”), veniva raggiunta ed attraversata, sempre tutti in fila, la borgata di Roncopianigi.

La Croce d'Oro
Il paese di Roncopianigi (m.1.090 s.l.m.) visto dal Monte Torricella (m.1262 s.l.m.) ai giorni nostri, con in primo piano la nuova pineta del Bosco Grande. (Foto fatta dall’autore in un giorno invernale senza neve)

La processione, continuamente con la croce d’oro in prima fila e portata a turno dai giovani che si prestavano con buona volontà per questa assunzione di fiera responsabilità. Ci si immagina che lo stesso corteo, fosse allietato anche da canti religiosi, in particolare da voci femminili, con inni alla Madonna ed al Signore.
Passato l’abitato di Roncopianigi si attraversava il fosso del Salattone prima e del Mandriale dopo. Il corteo proseguiva sempre sulla strada mulattiera che normalmente portava, secondo i costumi e le usanze del tempo, per l’uso agricolo, a quei campi posti alla località denominata Bosco Grande: grande area pascoliva e coltiva. Tanti erano i piccoli campi coltivati a frumento, ma in maggior parte anche a veccia, scandella e segale, e che si potevano vedere transitando in quella zona in buona parte anche di uso civico.
Attualmente tale territorio è in maggior parte rimboschito artificialmente con piante resinose oramai quasi tutte di alto fusto, nel suo abbandono naturale, si sono mescolate con essenze di piante autoctone, come si può evincere dalla foto riportata.
Il corteo guadagnava, sempre con questa strada di comunicazione il passo di Prà d’Ancino, che in quei tempi era anche quella di cui ci si serviva per raggiungere località anche più lontane come Coriano e poi Villa e Minozzo.
La posizione di Prà d’Ancino in discorso, non era l’attuale località dove è stata costruita, con l’avvento del traffico automobilistico, la nuova odierna rotabile e da poco asfaltata, ma era posta più a valle.
Era un piccolo varco di scollinamento sulla cresta che divide la Val d’Asta con la media valle del Secchiello molto più vicino al monte Torricella, dista di fatti circa 300 metri, in linea d’aria, la cui sommità nei tempi antichi reggeva forse una torre di avvistamento, da questo il nome Torricella.

La Croce d'Oro
Estratto di mappa catastale, quella all’impianto del catasto del 1893, dove si può ben evincere la vecchia strada mulattiera: Roncopianigi-Coriano. La mappa è posta con la parte iniziale in alto, rivolta verso Nord (Fotocopia di mappa, gentilmente concessa dallo studio GEBENNINI&CAMPI di Villa Minozzo)

Su questa località di Prà d’Ancino, si dice che esistesse allora una piccola edicola religiosa con un altarino, probabilmente dedicato alla Madonna, si pensa, a quella di Montenero, celebrato Santuario vicino a Livorno, come d’altronde erano dedicate la maggioranza delle edicole religiose della nostra montagna.

La Croce d'Oro
Foto della zona della vecchia località del Passo di Prà D’Ancino (m.1.207 s.l.m.)dove con ogni probabilità si trovava la Maestà con l’altarino, come si presenta ai giorni d’oggi, della Maestà però, non è stato possibile ritrovare nessun reperto in loco (Foto fatta dall’autore sempre in un giorno invernale senza neve, ma con la brina, ripercorrendo o meglio cercando di ripercorrere la vecchia strada che i Febbiesi facevano ‘una volta’.)

Altrettanto e nello stesso tempo, forse anche qualche minuto dopo, in quanto la distanza tra Coriano e Prà d’Ancino è un pò più corta, rispetto a quella tra Febbio e la medesima località, partiva un’altra processione dalla chiesa di Coriano e non da quella di Tapignola in quanto ancora non esisteva, ma dalla Chiesa che era posta all’estremità inferiore della borgata di Coriano, con il cimitero attiguo a valle che guardava Villa. Il loro prete vestito con i paramenti d’uso e di ‘tutto punto’, anche questo per quell’occasione, partiva con i parrocchiani e la loro croce, che non era d’oro, posta davanti a tutti.

La Croce d'Oro
Il paese di Coriano (m. 1.008 s.l.m.) in primo piano e quindi la Chiesa della frazione di Coriano a Tapignola (m. 866 s.l.m.) nell’attuale posizione, e sullo sfondo l’abitato di Villa Minozzo (m.680 s.l.m.), il tutto visto dal Monte Torricella (m.1.262 s.l.m.) ai giorni nostri. (Sempre foto fatta in periodo invernale e senza neve dall’autore)

La processione con in testa la croce, come anzidetto, il prete, e senz’altro con anche a fianco dei chierichetti con i loro vestiti che che venivano indossati all’uopo e tutto il seguito, iniziava attraversando le case del paese di Coriano e poco dopo le case di Cà Fontana, fino a raggiungere anche loro, in contemporanea, si pensa o quasi, la località di Prà d’Ancino e con essa la maestà a mò di edicola – piccola cappella, dedicata alla Madonna e con il piccolo altare prima citato.
Prà d’Ancino con tutta la cresta-crinale, che dal monte Prampa scende al monte Torricella per finire in fondo all’alveo del Rio Grande, era ed è il confine fra i territori di competenza delle due frazioni e contestualmente tra le giurisdizioni delle due parrocchie: di Febbio e Coriano.
Qui le due comunità religiose si incontravano, e quasi certamente i due preti officiavano assieme la sacra funzione che era d’ uso. Dopo, con ogni presumibilità, le due collettività confinanti, si fermavano nei prati attigui e facevano festa, riposando stanchi dalla lunga marcia compiuta, e frugalmente consumavano quanto da casa si erano portati appresso, facevano anche festa con balli e canti, come conveniva in quel giorno dell’anno devoto all’Ascensione al Cielo di Nostro Signore Gesù Cristo.
Fu nell’ultima processione, l’anno preciso non mi è dato di saperlo, ma penso in quello spazio di tempo che ho avuto modo di dire alla premessa, quelli di Coriano con un atto di prevaricazione, si impossessarono della Croce d’Oro dei parrocchiani di Febbio e se la tennero fino alla loro chiesa di Coriano. Penso in essa custodita, forse anche adesso, ma in quella di Tapignola.
Di conseguenza ai fedeli di Febbio, forse ci sarà stata anche un inizio di diverbio tra i due gruppi di persone, ma forse il buon senso e la ragionevolezza di quelli di Febbio, non rimase che prendersi la Croce della chiesa di Coriano, che anche se bella, ma non d’oro, e mestamente portarsela in custodia presso la loro chiesa al loro paese. Suppongo che tale croce sia quella che normalmente, anche oggi, viene portata in qualsiasi processione di carattere religioso.
Da reminescenze di mia madre (“La Mäighe”), avute a sua volta da mia nonna Giovanna (“la Giana d’Masmun”), ed anche da altre persone anziane di Febbio che si ricordavano, per voci ovviamente tramandate, non si è mai potuto venire a conoscenza se a quell’ultima processione, ne fossero seguite altre con le croci ‘benevolmente scambiate’.
Suppongo di no.

 

Facebook
Twitter
LinkedIn

Leggi anche