Giglio ricorda che da bambino, in occasione delle Rogazioni, accompagnato dalla mamma e dalla nonna, partecipava alle funzioni. In tale occasione era usanza che le genti della Val d’Asta e Febbio si incontrassero con gli abitanti di Coriano al Passo Pradancina. La gente di Coriano arrivava al luogo d’incontro portando una Croce d’oro in stile, incastonata di moltissime pietre preziose.
La nonna narrava che tale Croce era stata portata in Italia da un guerriero-predicatore rientrato da una Crociata. Al suo rientro era sbarcato in Puglia e da San Michele Arcangelo aveva percorso a piedi l’intera penisola, in cerca di un luogo idoneo per predicare la legge della Chiesa. Si era ripromesso che, trovato il luogo adatto, vi avrebbe eretto una chiesetta per accogliere la Croce Santa.
In guerra ne aveva viste di tutti i colori e gli sembrava giusto predicare la fratellanza, la bontà e divulgare gli insegnamenti di Gesù. Vagò a lungo e, approdato nella nostra montagna, decise che Coriano fosse il luogo più adatto alla missione. Coriano era un piccolo villaggio di capanne, abitato da uomini rozzi e primitivi che lavoravano i miseri fazzoletti di terra e allevavano sopratutto pecore.
[
Inizialmente fu accolto da quella popolazione con un po’ di diffidenza, ma, colpiti da quella preziosa Croce, aprirono i loro cuori e le loro capanne al nuovo arrivato. L’uomo predicava e la gente lo ascoltava con interesse, ma con il passare degli anni, la “cosa” diventò pesante e gli abitanti si stancarono di quelle parole, ormai vecchio, ripetitivo e non sempre lucido di mente venne collocato in una capanna ai limiti del villaggio. Quì visse per poco tempo, accudito, comunque, dal buon cuore montanaro degli abitanti, fino alla fine dei suoi giorni.
Ai Corianesi rimase la preziosa Croce, pensarono di costruire una chiesetta che ospitasse e custodisse quell’oggetto tanto caro sia spiritualmente sia materialmente.
Gli abitanti di Febbio erano un po’ invidiosi e gelosi del bene posseduto da quelli di Coriano e pretendevano di entrare in possesso, ma i vicini, non volendosi separare dal loro “tesoro”, decisero di cedere ai “valdastrini” il bastone che sorregeva la Croce e ogni volta che si rincontravano, appunto per le Rogazioni, veniva ricomposta.
Con il terremoto del 1920 la chiesetta andò distrutta e gli abitanti ne eressero un’altra a Tapignola, e la Croce venne trasferita nella nuova dimora.
Il bastone rimase, però, nella Chiesa di Febbio. In seguito il “tesoro” fu portato in custodia a Reggio Emilia e tornava sui monti solamente per alcune funzioni.
L’ultima volta non venne riportata in città, ma venne nascosta dal parroco, che purtroppo è deceduto senza rivelare a nessuno il nascondiglio, pertanto se ne sono perse le tracce.