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Val d'Asta - Appennino Reggiano

Il tempo non esiste, è solo una dimensione dell’anima

Il tempo non esiste, è solo una dimensione dell’anima

Niente è così sfuggente come il tempo, così inafferrabile….

Sant’Agostino scriveva che:
«Il tempo non esiste, è solo una dimensione dell’anima.
Il passato non esiste in quanto non è più,
il futuro non esiste in quanto deve ancora essere,
e il presente è solo un istante inesistente di separazione tra passato e futuro.»

Viviamo il presente, senza nemmeno accorgercene, ogni nostra azione non appena è compiuta è già relegata nel passato. L’impressione che si ha quando si pensa al passato è di qualcosa di ineluttabilmente compiuto ma è anche indubbio che il passato abbia un’importante influenza sul presente, come se passato e presente possano considerarsi un’unica cosa, o due entità non del tutto separate che si condizioniamo continuamente a vicenda, a tal punto che il passato può diventare concretamente presente e reale potendolo facilmente distinguere attorno a noi .

La memoria storica, che sia essa conservata in un testo, in un album fotografico, in un racconto, in un rudere o altro, testimonia sia dei fatti più significativi della nostra vita sia delle principali vicende umane. Distruggere la memoria storica equivale a distruggere i fondamenti della propria identità e della propria continuità nel tempo.

Questa introduzione

Nell’audiovisivo “Passato presente in Appennino”, ho cercato di illustrare come questi luoghi siano un vero e proprio forziere che custodisce memorie storiche giunte sino a noi da millenni passati, quali ad esempio le testimonianze di vicende geologiche che hanno plasmato l’orografia delle montagne, oppure testimonianze provenienti da tempi più recenti che ci raccontano di attività e modi di vita ormai del tutto scomparsi (ad esempio: la coltivazione dei castagneti e gli antichi mulini importantissimi per la produzione di farine alimentari ottenute sia dalle castagne secche che dai cereali localmente coltivati); ci raccontano di vita dura e difficile dalla quale appena se ne presentava la possibilità si cercava di fuggire, abbandonando i vecchi borghi sperduti tra le montagne (come nel caso di Sant’Antonio di Frassinoro) per rincorrere i sogni di una esistenza migliore apparentemente possibile solo trasferendosi nelle città per lavorare nelle fabbriche; ci raccontano anche di una cultura ricca e spontanea che rivive nelle rievocazioni e rappresentazioni tradizionali come appunto è per il Maggio Cantato.