Il prugnolo selvatico, Prunus spinosa, è un arbusto spinoso con foglie caduche, appartenente alla famiglia delle Rosaceae, noto con decine di nomi volgari: sgancio, pruno selvatico, strangolacane, susino selvatico, susino di macchia, strozzapreti, ecc.
Il prugnolo è una specie molto rustica, che non teme né il gelo intenso, né tantomeno il caldo. Diffuso in tutta Europa, preferisce le esposizioni soleggiate, dalla pianura fino a 1800 m.s.l.m. La ritroviamo ai margini dei boschi, dei campi incolti, in mezzo ai roveti, in luoghi sassosi.
È un albero longevo (può vivere oltre 60 anni), e può raggiungere altezze variabili a seconda dell’ambiente e della forma di crescita, anche se con adeguati interventi di potatura, viste le sue forti spine, può essere sfruttato come efficace barriera protettiva fino a fargli assumere la forma ad alberello.
Allo stato selvatico ha un fusto principale irregolare, contorto, con una forte attività pollonifera basale che favorisce la propagazione selvatica, tanto che a volte si possono trovare macchie di vegetazione estesa e impenetrabile. La corteccia è grigia scura, quasi nerastra. I rami, di colorazione inizialmente più chiara sul rossastro, sono sottili e molto spinosi. Le spine sono pungenti ed acute, e a volte formano un groviglio con le ramificazioni.
Le piccole foglie, di colore verde chiaro, sono semplici ed alterne, di forma ellittica, con margine seghettato e provviste di un breve picciolo. In autunno è molto bello osservare le foglie del prugnolo selvatico prima della caduta, quando si colorano di un giallo acceso.
Il prugnolo è uno dei primi alberi a fiorire in primavera con migliaia di fiori bianchi che compaiono già nel mese di marzo, ancor prima delle foglie. La fioritura continua per tutto il mese di maggio. Questi fiori emanano un delicato odore di miele, producono nettare in abbondanza e sono molto graditi dalle api.
Il frutto è una drupa sferica con un diametro massimo di 15 mm. La buccia è ricoperta da una patina chiara cerosa. Il suo colore è bluastro, tendente al nero in piena maturazione, che avviene in autunno inoltrato. Se infatti, già dall’estate compaiono i primi frutti, bisogna aspettare il mese di ottobre (meglio dopo una gelata) affinché questi siamo dolci e gradevoli per il consumo fresco.
Le proprietà fitoterapiche del prugnolo sono lassative, diuretiche, depurative, corroboranti, antispastiche. Con i fiori, raccolti dalla fine di marzo, in giorni asciutti, e fatti essiccare in un luogo all’ombra, viene preparata un’ottima tisana depurativa, con funzione drenante. I frutti freschi sono ottimi lassativi, ma si possono anche essiccare. Il succo fresco di prugnolo selvatico può essere anche utilizzato come antisettico del cavo orale. Inoltre, è un valido collutorio, che apporta immediato sollievo in caso di piccole infiammazioni.
In cucina, con il frutto fresco, l’uso tradizionale è quello della preparazione di liquori (prugnolino) e sciroppi oltre a marmellate e confetture.
Ricetta del prugnolino. Lavate i prugnoli e asciugateli delicatamente con carta da cucina o con un canovaccio. Metteteli in un recipiente capiente e con coperchio a ricopriteli con l’alcol puro (si possono usare anche grappa o vino rosso). Chiudete il recipiente e lasciate macerare per 1 mese, al riparo dalla luce: muovete in contenitore una volta al giorno. Trascorso il tempo necessario, realizzate lo sciroppo con acqua e zucchero: fate bollire a fuoco lento fino a quando lo zucchero non sarà completamente sciolto. Versate lo sciroppo nel contenitore con i prugnoli, l’alcol e mescolate. Filtrate con un colino a maglie strette e versate il liquore nelle bottiglie. Potete bere subito il vostro prugnolino, oppure lasciarlo insaporire per 1 mese in luogo buio: è ottimo servito freddo.
È possibile aromatizzare il prugnolino anche con chiodi di garofano, scorza di arancia, vaniglia o con una stecca di cannella.