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Il gioco della ruzzola

Il gioco della ruzzola

C’erano una volta i giochi tradizionali, quelli che accompagnavano la vita semplice dei nostri nonni, quando non esisteva la tecnologia e ci si divertiva con poco e bastavano una partita a carte, pane, formaggio e un fiasco di vino per alleviare almeno in parte le fatiche di una giornata di lavoro.
In appennino però, i pastori avevano uno strano modo di passare il tempo nei momenti di riposo, o durante la transumanza come rito apotropaico di protezione delle mandrie dagli spiriti cattivi: usavano lanciare il più lontano possibile una forma di cacio duro, tipo formaggio pecorino stagionato, lungo i tratturi, favoriti dalla pendenza delle mulattiere e dai rimbalzi delle forme.
Stiamo parlando del gioco della “ruzzola” o “ruzzolone”, che sembra fosse già praticato alla fine dell’impero romano, e probabilmente anche dagli antichi etruschi. Alcuni studiosi affermano infatti che il “discobolo” o “lanciatore” raffigurato nella “Tomba dell’Olimpiade” nella necropoli dei Monterozzi di Tarquinia stia lanciando una forma di formaggio e non un disco.

Trasteverini giocando a ruzzica
Trasteverini giocando a ruzzica, acquaforte di Bartolomeo Pinelli del 1809.

La ruzzola è stata praticata in varie parti d’Italia, in particolare in Emilia Romagna, Toscana, Abruzzo, Marche, Lazio e Calabria, con varianti regionali che differivano non solo nelle regole, ma anche nel modo di lanciare la forma o il disco di legno. Ad esempio, in Abruzzo è un gioco tipicamente carnevalesco e la versione attuale viene giocata una volta all’anno in uno dei sabati del periodo del carnevale, in un percorso stabilito lungo i vicoli dell’antico borgo di Tussio in provincia dell’Aquila.

In Valle del Serchio (Lucchesia e Garfagnana) il gioco è conosciuto come “tiro della forma” o “tir della forma” e solitamente si utilizzano forme di formaggio.

Ruzzola - Tiro della forma.
Ruzzola – Tiro della forma.
Ruzzola - Il tiro della forma.
Ruzzola – Il tiro della forma.

E nei secoli addietro?

Nel primo medioevo il gioco era molto diffuso, ma alcuni statuti comunali lo vietarono in quanto considerato gioco d’azzardo al pari del gioco dei dadi, poiché con la sostituzione della forma di cacio, che all’inizio veniva dato in premio ai vincitori, con il ruzzolone di legno, la vincita si trasformò in premio in denaro costituendo un rischio di rovina economica per le famiglie.
Si conosce il caso di un signore benestante della zona di Pavullo nel Frignano, tale Baraccani, che per aver sbagliato un lancio perse il castello di Monterastello e altri possedimenti della famiglia.

Contadini romani che giocano alla ruzzola, 1861.
Contadini romani che giocano alla ruzzola, 1861.

Una grida del 1598 emanata dal podestà di Villa Minozzo stabiliva che la posta di ogni gara non doveva superare il reale valore della forma. Nel 1600, il duca Cesare I d’Este notificò che ogni domenica non si potevano giocare più di due scudi alla “ruggiola”.
Nel 1702, il duca di Modena emanò una intimazione con cui si proibiva di “giocare alla ruzzola, bocce, trucco o altro… in luoghi intimati nell’intimazione stessa… ai fini di non danneggiare le erbe dei medesimi siti”, condannando i trasgressori a una pena di 25 scudi.
Nel 1761, Luigi Sforza Governatore proibiva di “giocare alla ruzzola tanto con legno quanto col formaggio” nella zona di Fiumalbo, a causa di un ricorso presentato dagli abitanti del luogo che affermavano di essere stati colpiti durante il gioco o aver subito danni ai tetti delle case e ai vetri. Con una notificazione successiva si permise di praticare la ruzzola solo “nel tempo di carnevale, cominciando dal giorno dell’epifania esclusivamente a tutto l’ultimo giorno del carnevale inclusivamente”, sia col legno che col formaggio.

Una "notificazione"-
Ruzzola – Una “notificazione”

Varie notificazioni si susseguirono nei due secoli successivi, ma in seguito a quella del 1939 con la quale il podestà di Montese Antonio Ranieri impose il divieto di giocare al ruzzolone, l’arciprete di Salto (frazione di Montese), don Augusto Banorri, intuì la necessità di quei “treppi” che successivamente furono predisposti per le gare.
Per gli abitanti della montagna divenne così uno dei passatempi principali, praticato nei mesi invernali, particolarmente in quaresima.
Negli anni settanta, il giornalista modenese Nazario Boschini descrisse il gioco della ruzzola come “il golf della povera gente, dei solidi montanari avvezzi ad affrontare una natura difficile, talvolta maligna, fidando sulla loro forza e sul loro acume”.

Carlo Fontana ed Enrico Mascagni, campioni di ruzzola, in una foto di fine Ottocento.
Carlo Fontana ed Enrico Mascagni, campioni di ruzzola, in una foto di fine Ottocento.
Giocatori di ruzzola si preparano al lancio.
Giocatori di ruzzola si preparano al lancio.

Oggi, il gioco della ruzzola o ruzzolone è riconosciuto e coordinato a livello nazionale dal CONI, dalla UISP e dalla FIGEST (Federazione Italiana Giochi e Sport Tradizionali).

Immagine descrittiva della ruzzola e suoi elementi.
Immagine descrittiva della ruzzola e suoi elementi.
Ruzzole in legno.
Ruzzole in legno.
Ruzzole in legno.
Ruzzole in legno.

Ma come si gioca?

Il lancio della ruzzola o “ruzzica” viene praticato con rotelle di legno assomiglianti a una forma di pecorino, del diametro variabile e del peso di qualche chilo a seconda del regolamento adottato.
E’ l’unico strumento adottato nel gioco, oltre al nastro o spago che permette ai giocatori di lanciarlo: si avvolge il nastro intorno alla ruzzola, quindi si lancia trattenendo un capo del nastro in modo da imprimere una rotazione veloce.
Viene giocato all’aperto o lungo strade di campagna o lungo appositi percorsi chiamati “treppi”, formati da difficoltà laterali denominate “grippi”, lungo le quali la ruzzola può cadere e fermarsi, e da pali posizionati nelle curve (“picchetti”). Lo scopo del gioco è di far giungere il più lontano possibile la ruzzola con un numero prefissato di lanci o raggiungere il traguardo con il minor numero di lanci.
Se un giocatore esce dal percorso e la ruzzola prosegue oltre il picchetto dovrà tornare indietro e rientrare, perdendo lanci preziosi.
I giocatori non sono un numero stabilito. Possono giocare individualmente, in coppie o squadre. Durante le gare ufficiali, vince chi percorre il “treppo” in meno lanci possibili. Se la ruzzola viene giocata lungo la strada, vince chi raggiunge il luogo di arrivo in meno lanci.

Il momento del lancio.
Il momento del lancio.
Il momento del lancio.
Il momento del lancio.
Ruzzola - Il momento del lancio.
Ruzzola – Il momento del lancio.

Esistono impianti sportivi per la pratica del lancio del ruzzolone, ciascuno con almeno cinque o sei piste di gara in terra battuta (“treppi”).
In provincia di Modena ricordiamo gli impianti omologati di Fanano, Fiorano Modenese, Lama Mocogno, Maranello, Montecreto, Montese, Pavullo nel Frignano, Polinago, Vignola, Zocca, Savignano sul Panaro, Sestola.

In provincia di Reggio Emilia esistono piste omologate a Toano e alla Colombaia di Carpineti.

Il “Gruppo Ruzzola Toano” vanta due giovanissimi campioni nazionali, i fratelli Giacomo e Mirko Ceresoli, allenati dal padre Teddy, responsabile del settore giovanile dell’Associazione. Nel 2014, Giacomo, all’età di 11 anni, si è confermato campione nazionale assoluto per il terzo anno consecutivo (2012 nella categoria pulcini; 2013-2014 nella categoria ragazzi), mentre Mirko (9 anni) si è meritato la medaglia d’oro nella categoria pulcini.

I fratelli Giacomo e Mirco Ceresoli.
I fratelli Giacomo e Mirko Ceresoli.

Grazie ad un progetto sostenuto dall’A.S.D.R. toanese in collaborazione con l’Istituto Comprensivo del Comune di Toano, il lancio del ruzzolone è entrato da alcuni anni nelle scuole elementari e medie locali. Le lezioni, teoriche e pratiche, vengono impartite da esperti del settore.

I fratelli Giacomo e Mirko Ceresoli e il padre Teddy.
I fratelli Giacomo e Mirko Ceresoli e il padre Teddy.

 

CURIOSITA’

A Toano nel mese di giugno 2018 la vetrina del negozio di alimentari “Dal Buonomino” di Guido Venturelli era dedicata alla ruzzola, con foto d’epoca, ruzzole in legno e trofei.

Ruzzola - Guido Venturelli
Ruzzola – Guido Venturelli

 

SCRITTI SULLA RUZZOLA

Gabriele d’Annunzio, dal Libro Segreto del 1935:

Il sapore della Maiella è tutto nel nostro cacio pecorino… E’ il cacio nerastro, rugoso, durissimo: quello che può rotolare su la strada maestra a guisa di ruzzola in gioco. Miro e rimiro. Non mangio più. A dieci anni ero anch’io ruzzolante su la strada di Chieti; e sapevo legarmi al braccio lo spago e avvolgerlo intorno al cacio e prendere la rincorsa per tirare, entrando in furia se la mia gente rideva di me.

Giuseppe Gioachino Belli (Roma, 07/09/1791 – 21/12/1863), “Er gioco de la ruzzica” (1831)
In questo sonetto, Belli prende in giro un presuntuoso e maldestro giocatore.

Sta cacca de fa a rruzzica, Dodato,
Co la smaniaccia d’abbuscà ll’evviva,
Nun è ggiro pe tté, cche nun hai fiato
De strillà mmanco peperoni e oliva.

Come sce pôi ggiucà, tisico nato,
senza dajje ‘na càccola d’abbriva?
Nun vedi la tu’ ruzzica sur prato
c’appena ar fin de ‘na scorreggia arriva?

Co ‘ddu pormonettacci de canario,
d’indove mommò er zangue te se sbuzzica,
tu protenni de prennete sto svario?

Stattene in pasce; ggnisuno te stuzzica;
si ppoi vôi vince tu, vva’ a Montemario,
pijja la scurza e bbutta ggiù la ruzzica.

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