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Erbe aromatiche, alcune curiosità

Erbe aromatiche, alcune curiosità

Le “aromatiche” sono piante molto usate in cucina per la presenza di ghiandole ricche di oli essenziali, che danno profumo e sapore ai cibi: tra le principali troviamo il rosmarino, la salvia, il basilico, la santoreggia, il timo, l’origano, la maggiorana. Molte trovano anche utilizzazione in profumeria, per fare liquori casalinghi e non, e in farmacologia.

Molte di queste essenze appartengono alla famiglia delle Lamiacee.

Le Lamiaceae, dette anche Labiate, sono una famiglia di piante dai tipici fiori a forma bilabiata, che ha il principale centro di differenziazione nel bacino del Mediterraneo, proprie delle zone degradate della macchia mediterranea e delle garighe, in terreni rocciosi, calcarei o sabbiosi.

Uno dei primi studiosi dell’antichità ad usare questo nome è stato Gaio Plinio Secondo, scrittore e naturalista latino, il quale ci indica anche una possibile etimologia: questo termine discenderebbe da un vocabolo greco ”laimos” il cui significato è “fauci – gola”. Ma potrebbe discendere anche da altre parole greche”lamos” (= larga cavità), oppure dal nome di una regina libica ”Làmia”. In quest’ultimo caso il collegamento esiste in quanto le mamme greche, per far star buoni i loro bambini, descrivevano questa regina come un mostro capace di ingoiarli (come del resto fa il fiore di queste piante quando ad esempio un bombo entra nel tubo corollino in cerca del nettare).

Fin dalla sua prima classificazione (1789) questa famiglia si è presentata unitaria e compatta per merito di un carattere che collega tutte le piante di questo gruppo, che già i botanici del XVII avevano notato: “che hanno il fiore nella parte superiore diviso in due labbri, per il che da tali botanici chiamavasi labbruto “

ROSMARINO (Rosmarinus officinalis L.)

ROSMARINO (Rosmarinus officinalis L.)
ROSMARINO (Rosmarinus officinalis L.)

L’etimologia del nome rosmarino viene dalle parole latine ros (rugiada) e maris (mare).

Gli usi in cucina del rosmarino sono davvero innumerevoli. Se l’abbinamento del rosmarino con la focaccia è un grande classico, più inusuale è quello con i dolci a base di castagneMa il rosmarino è perfetto anche per aromatizzare la carne per ottenere miele, oli e aceti aromatici, grappe e liquori.

Tanti anche gli usi dell’infuso di rosmarino perché presenta proprietà digestive, tonico-stimolanti, antisettiche: può essere usato per curare le ferite o i dolori di stomaco dell’hangover, ma anche come tonico nel bagno. Nei secoli passati veniva bruciato nelle camere dei malati, come disinfettante e per uccidere i germi.

Un olio essenziale di foglie di rosmarino può essere utilizzato nelle colonie, come l’Acqua d’Ungheria, che contiene arancia, camomilla e bergamotto.

Prima ancora che in cucina, i Romani usavano il rosmarino per aromatizzare il vino. Mentre nel periodo Tudor, in Inghilterra, era il simbolo della fedeltà femminile. Ma si diceva anche che, se un uomo non fosse stato in grado di sentirne l’aroma, non avrebbe meritato l’amore.

SALVIA (Salvia officinalis)

SALVIA (Salvia officinalis)
SALVIA (Salvia officinalis)

Il nome della pianta significa “parlante” e ha a che fare con il verbo  latino salvere che significa “star bene, godere di buona salute”: questo perché, già in epoca antica, la salvia era considerata ed utilizzata come una sorta di panacea per moltissimi disturbi, dall’infertilità all’alito cattivo. In più, era considerata un ottimo conservante per gli alimenti: ricoperti i cibi con le sue foglie, i Greci e i Romani vi assicuravano una certa protezione da muffe e batteri. Addirittura, gli Arabi del ‘900 credevano che un consumo regolare di quest’erba contribuisse ad allungare la vita.

La Salvia trova impiego in cucina per aromatizzare carni di vario genere, formaggi, zuppe. Le foglie di salvia possono essere fritte in pastella, con alici e mozzarella, ma anche con i fagioli lessati e salse in genere.

L’estratto di salvia è un eccellente fissatore per profumi.

Tra i principali effetti, la salvia ha efficacia antisettica, digestiva e calmante.

La salvia contiene un chetone complesso, il tujone, che può risultare tossico ad alte dosi: questo spiega perché la salvia è stata usata come aroma ma non, per esempio, come insalata.

TIMO (Thymus vulgaris)

TIMO (Thymus vulgaris)
TIMO (Thymus vulgaris)

Il Timo è insostituibile in cucina per insaporire carni arrosto, specie di pollo, sughi e verdure. Ottimo anche nei ripieni e in piatti di pesce, di formaggi non stagionati. Viene utilizzato anche in macedonie e confetture, liquori e vini aromatici.

Ha proprietà digestive, depurative, balsamiche; può essere usato per gargarismi del cavo orale.

Per i greci antichi Thymus significava forza e coraggio e veniva utilizzato come incenso nei sacrifici. I Romani sfruttavano le sue proprietà antisettiche per conservare derrate alimentari, per purificare l’aria negli ambienti chiusi, per aromatizzare cibi e formaggi e bruciavano la pianta a causa della credenza secondo cui i fumi avrebbero tenuto lontano gli scorpioni.

Durante il Medioevo era consuetudine ricamare fiorellini di timo sui vestiti dei cavalieri per infondere coraggio durante le battaglie. Carlo Magno ordinò che il timo fosse coltivato in tutti i giardini erboristici e negli orti dei monasteri. Nel Rinascimento, invece, il timo cotto nel vino veniva utilizzato per gli asmatici, per curare le infezioni alla vescica, eliminare la tenia e guarire dagli avvelenamenti.

ORIGANO (Origanum vulgare L)

ORIGANO (Origanum vulgare L)

In cucina vengono utilizzare sia le foglie che le estremità fiorite (fresche o essiccate) per carni, pesci, funghi, verdure, insalate (in particolare di pomodori) e nella caprese. Indispensabile nella pizza e nelle fettine alla pizzaiola. Viene usato in aperitivi e digestivi.

Il nome deriva dal greco Origanos composto da Oros, montagna, e da Ganos, “delizia, bellezza, gioia”, con il significato quindi di “bellezza di montagna”. Nell’antica Grecia si lasciavano pascolare le pecore e le capre nei campi di origano perché una dieta ricca di quest’erba rende le carni e il latte particolarmente gustosi.

Gli Egizi, oltre a servirsene per la conservazione delle mummie, lo utilizzavano per unguenti e per il massaggio del corpo dopo il bagno. Secondo il filosofo greco Aristotele (384-322 a. C.) le tartarughe, dopo aver placato la loro fame mangiando un serpente, dovevano ingerire subito dopo dell’origano, altrimenti sarebbero morte. I Romani usavano l’erba sia in cucina che in molte ricette medicinali. Plinio lo consigliava bollito, in impacchi, per contusioni e mal di denti; mescolato con miele e nitro, scriveva, avrebbe reso bianchi i denti. Per curare la gola infiammata si applicava un trito con noce di galla e miele, mentre la cura della milza consisteva in foglie di origano mescolate con miele e sale. Chi era stanco si aiutava con un unguento frizionato su tutto il corpo, stando però attento a non bagnare il ventre. Impiastri con fichi abbrustoliti e origano, facevano scoppiare i foruncoli. Comune a tutte le varietà di origano era la proprietà di tenere lontano i serpenti e con l’origano stesso venivano curate le persone morse dalle vipere.

Nel Medioevo gli uomini calvi si frizionavano il cuoio capelluto con il suo olio perché credevano- o speravano- che facesse ricrescere i capelli. Nell’età Moderna era lodato come antidoto contro la “malattia nera dell’anima”, cioè la depressione, tanto che in alcuni vecchi detti tedeschi lo si ritrova con il nome di “erba del buon umore”.

MENTA

Le foglie e le sommità fiorite possono essere usate fresche o essiccate in cucina per minestre, risotti e stufati. Largamente usata nella preparazione di caramelle, sciroppi e molti liquori.


Ha proprietà digestive ed espettoranti; valido antisettico per uso esterno.

Oltre al suo utilizzo tradizionale per migliorare i dolori allo stomaco, la menta può anche essere applicata come trattamento topico per alleviare punture di insetto e dolori muscolari.

 

Il nome “Menta” venne coniato da Gaio Plinio Secondo, naturalista romano. Secondo la leggenda, il termine deriva dal nome greco “Μίνθη” (Minthe), una ninfa dei fiumi figlia del dio Cocito, trasformata in questa erba da Persefone perché gelosa della bellezza della fanciulla.

Fin dall’antichità Egizi, Greci e Romani la utilizzavano sia in cucina che come rimedio naturale, per realizzare impacchi, oli ed infusi benefici.

In diverse culture si pensava che fosse un afrodisiaco, pertanto i fusti fioriti della pianta venivano intrecciati nelle corone delle spose e le foglie venivano sparse sul pavimento della camera da letto.

MAGGIORANA (Origanum majorana L.)
MAGGIORANA (Origanum majorana L.)

Si usano le foglie e le estremità fiorite sia fresche che essiccate. E’ molto apprezzata in cucina per aromatizzare carni in umido, funghi, legumi, salse, insalate di pomodori, ecc.

Il profumo della maggiorana è più dolce e speziato rispetto a quello dell’origano, che è invece più fresco e pungente.

Viene usata anche per liquori a base di erbe e vermouth.

Proprietà terapeutiche: sedative, antispastiche. Per uso esterno, viene impiegato per frizioni antireumatiche. Svolge azione antispasmodica, carminativa e digestiva, aiuta anche in caso di nefriti e cistiti. É poi un efficace rimedio nella cefalea di origine nervosa, nell’insonnia e nelle vertigini. Funziona anche contro il torcicollo ed i reumatismi: un sacchetto di fiori secchi scaldato e applicato sul collo lenisce il dolore.

Nella mitologia greca fu Afrodite a coltivare personalmente la maggiorana e a sceglierne la fragranza. Proprio perché riferita alla dea dell’amore, le giovani ragazze greche mettevano un rametto di maggiorana sotto il cuscino, per essere visitate nel sonno dal volto del loro amato. Ancora oggi, in alcune culture europee, i suoi rametti vengono posti nel corredo delle future spose, si può così beneficiare anche dell’effetto profumante. Ancora, nel Medioevo le venivano attribuiti poteri magici: si pensava infatti che le sue foglie impedissero al latte di inacidire.

LAVANDA OFFICINALE (Lavandula officinalis)

I fiori di lavanda vengono utilizzati per le loro proprietà modestamente sedative e antispastiche a livello gastro-intestinale e sulle vie respiratorie. L’olio essenziale si utilizza esclusivamente per via esterna: ha proprietà detergenti, antinfiammatorie, analgesiche, antibatteriche, cicatrizzanti e decongestionanti; viene usato anche per alleviare il prurito delle punture di insetti. In cosmesi l’olio essenziale è un profumo molto apprezzato. I fiori essiccati e raccolti in sacchetti di stoffa profumano la biancheria nei cassetti e negli armadi e allontanano le tarme.
In cucina i fiori si possono utilizzare per profumare lo zucchero nella preparazione di dolci e biscotti. Le foglie si possono impiegare per profumare l’agnello arrosto.

Già nel medioevo si utilizzava pelavare e disinfettare i pavimenti e al tempo degli antichi romani si mettevano dei rametti di lavanda nell’acqua dei bagni termali e si usavano per preparare infusi e decotti per la bellezza della pelle e dei capelli. La lavanda era la pianta degli innamorati che, per dimostrare il loro affetto, si scambiavano mazzolini di lavanda.

Una leggenda provenzale narra che i guantai di Grasse utilizzavano l’olio di lavanda per profumare i pellami e grazie a questo divennero immuni dalla peste.

Nell’800 venivano usate alcune gocce di essenza di lavanda nell’acqua del bucato e ancora oggi si utilizza per profumare gli ambienti.

La lavanda ancora oggi è considerata un portafortuna e una sorta di amuleto per garantire prosperità e fecondità a chi la indossa.

MELISSA (Melissa officinalis L.)

La Melissa officinalis è molto apprezzata per la preparazione di infusi dissetanti dal sapore di agrumi (le è valso per questo il nome di “cedronella”). Le foglie vengono impiegate per aromatizzare frittate, insalate, pesce, marmellate e macedonie. Distillata è usata per la preparazione di liquori come il “Grand Chartreuse”.
In
 fitoterapia, viene impiegata come sedativo negli stati d’ansia con somatizzazioni viscerali ed irrequietezza per la sua azione spasmolitica.

Il nome Melissa, in greco ape, è stato attribuito a questa specie per la preferenza delle api a visitare i fiori da cui ricavano un ottimo miele, tant’è che l’infuso di melissa viene considerato una medicina per le api, per farle mantenere in buona salute ed immuni da malattie. L’infuso preparato viene messo in delle ciotole piatte davanti alle arnie.

Molto famosa è l’Acqua di Melissa dei monaci carmelitani scalzi di Parigi del XVII secolo, un rimedio popolare noto per le sue proprietà digestive antispasmodiche e sedative.
È una delle prime erbe medicinali che si conoscano. Paracelso la chiamava “Elisir di vita”. Veniva consigliata in caso di disturbi nervosi, al cuore e alle emozioni. É pure impiegata contro l’ansia, la malinconia e secondo il medico Avicenna, per rafforzare e rinvigorire lo spirito vitale.

La Melissa viene anche utilizzata per aromatizzare il tabacco da pipa.
Nell’industria liquoristica viene impiegata per la produzione del vermouth e di diversi amari stomachici.

Il suo impiego si ritrova in diversi prodotti di profumeria e fu uno dei principali componenti dell’Acqua di Colonia.

Nei bagni e nei tonici svolge un’azione lenitiva e rinfrescante.

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