“Se è desiderio del Signore che io muoia per fare del bene a degli esseri umani,
sono felice di fare la sua volontà”.
Questa breve frase, scritta sul ricordino funebre di don Enzo Boni Baldoni, esprime in poche parole tutto il senso della sua vita, trascorsa al servizio di Dio e della gente, particolarmente in quel periodo nero del secondo conflitto mondiale quando vennero attuate le leggi razziali e in Appennino erano frequenti i rastrellamenti e gli eccidi da parte dei nazisti, mentre infervoravano le battaglie fra partigiani e tedeschi.
Vincenzo Boni Baldoni nacque a Cavriago in provincia di Reggio Emilia il 24 settembre 1906 da una famiglia di modeste condizioni economiche. Durante la prima guerra mondiale, all’età di 10 anni, rimase orfano di madre e finite le scuole elementari entrò in seminario. Venne ordinato sacerdote nel 1931 e dopo un breve periodo come canonico a Sassuolo, nel 1938 diventò parroco di Quara nel comune di Toano.
Quando dopo l’8 settembre 1943 la situazione diventò drammatica collaborò nel riserbo più assoluto con la resistenza, mantenendo i contatti solo con i massimi dirigenti del CNL. Si adoperò ospitando renitenti, partigiani e molti fuggitivi e facendo giungere loro cibo e coperte nei boschi, dove si nascondevano per sfuggire ai rastrellamenti.
Era iniziata la Shoah degli ebrei italiani. Canoniche e case religiose venivano utilizzate per nascondere ebrei, per poi fornirli di documenti falsi e avviarli verso la sicura Svizzera.
Fu così che un giorno arrivò a Quara in avanscoperta Enzo Modena, sfollato da Milano e nascosto a Bomporto con la sua famiglia con il cognome Bianchi. Grazie a un amico che lavorava al comune di Milano avevano infatti ottenuto le nuove carte d’identità con il nuovo cognome. Cercava un posto più sicuro per vivere. Bomporto era troppo vicina al campo di Fossoli, che era una delle prime tappe per l’avvio ai campi di sterminio della Germania.
Dietro suggerimento di alcuni abitanti della zona si rivolse al parroco, don Enzo, in quanto aveva a disposizione un piccolo alloggio di 25 metri quadri senza servizi (i servizi erano all’esterno) presso l’osteria dell’Argentina. Don Enzo, intuendo il dramma che si celava dietro quella richiesta, gli concesse l’alloggio e dopo alcuni giorni tutta la famiglia di Enzo Modena, sua moglie Ester Margonato e i due figli Vittorio e Bruno, si trasferì a Quara.
Anche le famiglie di Lazzaro Padoa di Reggio Emilia, con la sorella Vera e il padre Dante, e di Leone Padoa di Modena, trovarono rifugio qui, aiutati da don Enzo. Lazzaro Padoa si trasferì poi in un nascondiglio più sicuro a Costabona, protetto dalla famiglia Fioroni.
La famiglia di Enzo Modena, nel frattempo, fallì un primo tentativo di espatrio verso la Svizzera.
I rastrellamenti continuavano e durante uno di questi don Enzo e la famiglia Modena insieme ad altri fuggitivi decisero di scappare verso Gova, ma vennero sorpresi dai tedeschi e mitragliati.
Coraggiosamente, il parroco alzò una camicia bianca in segno di resa chiedendo di parlare e la storiella che inventò fu talmente credibile che i nazisti li lasciarono andare. Spiegò infatti che durante quelle incursioni erano costretti a fuggire per non essere scambiati per dei collaborazionisti da parte dei partigiani. Motivazione tutt’altro che infondata, in quanto i partigiani sospettavano davvero che don Enzo avesse dei rapporti con i nazifascisti.
Durante un altro rastrellamento, la moglie di Enzo Modena fu catturata e condotta al centro antiribelli di Ciano d’Enza dove tanti partigiani venivano torturati e uccisi. Fortunatamente i tedeschi non capirono che si trattava un’ebrea, grazie al falso cognome Bianchi.
Ancora una volta don Enzo si prodigò e intercedette per la sua liberazione. Andò a piedi a Ciano d’Enza e dopo due giorni tornò con la signora Ester, restituendo a Enzo Modena la forte somma di denaro che gli aveva dato per comprare la liberazione di sua moglie.
Finalmente l’epilogo giunse nel 1945. Con l’aiuto di don Enzo, la famiglia Modena passò il fronte con la Toscana il 5-6 gennaio 1945 e raggiunse la salvezza presso gli americani che erano a Barga.
Dopo la liberazione, in seguito ad una indagine della Corte di Assise straordinaria di Reggio Emilia che aveva il compito di giudicare i crimini fascisti e gli episodi di collaborazionismo, fu rivelato il vero ruolo di don Enzo, che il 2 dicembre 1945 venne nominato parroco di Villa San Bartolomeo, nei pressi di Cavriago.
Nel 1955, nel decennale della liberazione l’Unione delle Comunità Ebraiche gli conferì un attestato di benemerenza, e l’anno successivo giunse un altro riconoscimento dalla Comunità Ebraica di Modena per l’aiuto alla famiglia Padoa.
Morì per un male incurabile il 13 maggio 1972.
La famiglia Modena, che non aveva dimenticato l’aiuto di don Enzo e nutriva per lui un perenne sentimento di riconoscenza, si adoperò affinché le autorità di Israele concedessero al parroco la massima onorificenza per chi aveva rischiato la sua vita per salvare quella degli ebrei.
Il 4 marzo 2001 finalmente la “Commissione dei Giusti” di Gerusalemme riconobbe don Enzo Boni Baldoni come “Giusto tra le Nazioni”. Il suo nome è scolpito sulla stele d’onore del “Giardino dei Giusti” presso il mausoleo dello Yad Vashem a Gerusalemme, istituito dallo Stato di Israele negli anni ’50 per ricordare le vittime della “soluzione finale” voluta da Hitler. Nel viale del Giardino dei Giusti ogni albero è dedicato a un Giusto. Per mancanza di spazio, negli ultimi anni l’albero è stato sostituito dal nome inciso sui muri di cinta del giardino.
Il termine “Giusto tra le Nazioni” (“Righteous Among the Nations”, in ebraico “Chasidei Umot HaOlam”) indica i non-ebrei che hanno rischiato la propria vita per salvare anche un solo ebreo dal genocidio nazista.
Don Enzo è l’unico reggiano Giusto tra le Nazioni.
Nel maggio 2016 la nuova sede della Pro Loco di Quara è stata intitolata a don Enzo Boni Baldoni.
Nell’aprile 2017, Alessandra Fontanesi di Istoreco (Istituto per la Storia della Resistenza e della Società Contemporanea) e il regista Andrea Mainardi hanno dedicato al sacerdote il documentario “Fai del bene e buttalo ai pesci”, presentato e proiettato al Centro Cultura Multipla di Cavriago.
Il 20 maggio 2018, Istoreco e Uisp Reggio Emilia hanno organizzato un evento in memoria di don Enzo, una corsa in bici con partenza da Cavriago e arrivo a Quara e ritorno.
Guarda il servizio trasmesso su Telereggio il 15.05.2017 con la testimonianza di Domenico Boni Baldoni e l’intervista ad Alessandra Fontanesi (Clicca qui).
“SE CI FOSSERO TANTI DON ENZO BONI BALDONI, IL MONDO SAREBBE SENZ’ALTRO MIGLIORE”
(Prof. David Cassuto, docente all’Università di Ariel)
L’ATTESTATO DI BENEMERENZA AL PRETE-EROE
Il suo nome per sempre, sulla stele dei Giusti “Attestato di Benemerenza, che attesta che nella sessione del 4 marzo 2001 la Commissione per la Designazione dei Giusti, istituita con lo Yad Vashem, Ente preposto alla memoria degli Eroi e dei Martiri dell’Olocausto, sulla base delle prove e delle testimonianze che le sono state presentate, ha deliberato di rendere onore a don Enzo Boni Baldoni, il quale, durante il periodo dell’Olocausto in Europa, ha messo a rischio la propria vita per salvare ebrei perseguitati. La Commissione pertanto assegna la Medaglia dei Giusti fra le Nazioni. Il suo nome sarà inciso per sempre, sulla stele d’onore del Giardino dei Giusti, presso lo Yad Vashem a Gerusalemme. |