C’era una volta …
…non è una favola ma è la storia vera di un sacerdote montanaro doc, nato a Gazzano di Villa Minozzo nel 1921
Don Armido Carmana
nato da una umile famiglia che coltivava la terra ed allevava animali per il proprio sostentamento, come del resto era a quei tempi.
Il papà Carlo, per arrotondare il magro guadagno dei campi, andava con suo fratello Ilario a suonare alle feste da ballo; il giovane Armido respirando questo clima musicale in famiglia imparò le basi della musica e perfezionò gli studi musicali al seminario di Marola con lo strumento del pianoforte.
I genitori erano molto propensi ad avviare il figlio Armido alla carriera ecclesiastica, perché , a quei tempi, il sacerdozio dava la possibilità insieme sia di studiare che garantire a tutta la famiglia la sopravvivenza.
Essere portati al sacerdozio, avere una vera vocazione, non era a quei tempi il requisito più importante per decidere la strada del seminario che lui cominciò a frequentare dopo le scuole elementari.
Ordinato sacerdote, passò qualche tempo nelle parrocchie della bassa e dal 1947 fu trasferito a Febbio diventandone parroco fino alla morte, avvenuta nel 1979.
La sua missione si svolse in un ambiente ostile alla religione e in particolare alla Chiesa Cattolica. E’ proprio in questo ambiente che don Carmana riuscì ad avvicinare giovani e meno giovani riempiendo la chiesa come non accadeva da tanto tempo. Nonostante la dubbia vocazione religiosa, il don aveva dalla sua parte l’affabilità, la passione per la sua gente, il rispetto e la vicinanza con tutti.
A piedi o a cavallo ogni casa del paese era una sua meta fino a raggiungere i borghi più impervi come Roncopianigi, Monte Orsaro, Case Stantini.
Il suo carisma, la sua bontà d’animo e la sua generosità affascinavano chiunque, e anche i più miscredenti e “mangiapreti” facevano capolino alle sue messe la domenica.
I primi rudimenti musicali offerti alla gioventù di allora furono il frutto del suo impegno e del suo insegnamento negli Istituti Professionali di Gazzano (l’Istituto femminile di Maria e l’Istituto maschile di San Giuseppe, voluti da don Paolo Canovi, allora sacerdote di Gazzano) e nei cori delle varie parrocchie della montagna.
A Gazzano la baracca del falegname, grazie a lui, divenne un cinema dove una volta alla settimana il don compariva con la sua topolino portando le bobine di film come Marcellino Pane e Vino, Roma Città aperta, Stanlio e Ollio, e altri film western.
Nelle feste patronali la sua presenza era essenziale perché suonava, preparava e dirigeva il coro di ciascuna parrocchia.
Per fare un esempio della sua bontà d’animo vogliamo ricordare la perpetua Giacomina, che lui portò nella canonica di Febbio: era una signora molto semplice che trovò rifugio e dignità servendo don Carmana.
Ci piace ricordare un aneddoto della Giacomina, dovendo fare le cose più semplici, le fu chiesto di nutrire due volte al giorno le galline. Durante questa operazione giunse don Armido che trovò la perpetua dare il riso come mangime. Al che il nostro parroco sbottò: “Giacomina, il riso costa tanto! Perché non hai preso il granturco?”. La sua risposta tranquilla fu, “La prima cosa che a iò truvé l’è ste’ el ris!” in un dialetto balugano (cioè della pianura).
Una breve e intensa malattia lo portò via ancora giovane nel dicembre del 1979, è sepolto nel vicino cimitero di Febbio.