L’elleboro è detto scientificamente Helleborus foetidus.
Quando la natura ancora non si è risvegliata, gli alberi sembrano creature senza vita e tutto è di un grigio uniforme, ecco che delle macchie di un verde acceso, luminoso, quasi fluorescente, ci fa capire che la primavera non è poi così lontana.
Sono le piante dell’elleboro, che si sono preparate già dall’autunno ad annunciare il ritorno di una nuova stagione.
Si tratta di una erbacea perenne, della famiglia delle Ranunculaceae, alta da 50 a 100 cm, che resta verde tutto l’anno e col tempo tende ad assumere la forma di un piccolo e armonioso cespuglio. In autunno, quando il resto della vegetazione perde le foglie, già prepara alla sommità dell’asse principale la prossima ricca fioritura. La nuova vegetazione, verde chiaro, contrasta in modo netto con le foglie scure.
Le foglie inferiori, quelle più appariscenti che costituiscono la struttura del cespuglio, hanno un lungo peduncolo che porta 7-10 elementi lanceolati a margine seghettato, come delle piccole foglie di palma.
Da gennaio ad aprile, produce uno stelo fiorifero ramificato con molti fiori ad apertura scalare, durevoli, specie se non esposti al sole diretto. I fiori, piccoli e raggruppati, portati reclinati, hanno cinque petali e di colore verde.
Hanno un apparato radicale potente, formato da grosse radici nere, capace di esplorare il terreno anche in profondità, così da poter sopravvivere anche in luoghi aridi.
Cresce nei boschi di cedui e in quelli submediterranei da 0 a 1600 m di quota, soprattutto in Italia settentrionale.
Attenzione! Tutte le parti di questa pianta sono acri e velenose, specialmente le radici. Il succo spremuto dalle foglie è un violento purgante. Contiene due sostanze glucosidiche, l’elleborina e l’elleboreina, veleni cardiaci irritanti.
Le foglie sono dannose anche per il bestiame e, seccando, non perdono la tossicità!
L’unico uso “consentito” nelle nostre valli è quello di abbellire i presepi con le foglie che simulano le palme e la realizzazione di scopini per ramazzare.
Gli ellebori sono stati recentemente rivalutati con l’introduzione di varietà da giardino colorate; spesso sono usati dai fioristi nella composizione di mazzi per la durevolezza e il colore tenue che ben può contrastare con colori più vivi di altri fiori recisi. L’odore sgradevole che ha meritato all’elleboro selvatico il nome di “fetido” si perde dopo circa 24 ore dalla raccolta.
In giardino gli ellebori devono essere messi in posizione ombreggiata e ci sorprenderanno perché, dove altre piante stentano, vegetano con forza.