La Vitalba (vedrezza)
Anche in inverno la natura ti fa scoprire qualcosa di nascosto. Le foglie se ne sono andate ed ecco apparire delle nuvolette delicate che ne prendono il posto: sono i frutti della vedrezza.
La Clematis vitalba (vite bianca) è una ranuncolacea diffusa in tutta Europa fino a 1300 m slm. In inverno, nelle nostre valli, è facile individuarla perché, sugli alberi spogli, si possono vedere i suoi frutti piumosi (sono degli acheni) pronti a prendere il volo per germogliare poi in primavera e colonizzare altri ospiti.
La fioritura avviene tra maggio ed agosto a seconda della quota: i fiori sono delle infiorescenze dal delicato profumo quasi di gelsomino, da cui traggono il nettare le api.
È l’unica liana del nostro continente, capace di allungarsi fino a 20 m, in grovigli inestricabili capaci di coprire e soffocare alberi anche di grandi dimensioni. È infatti una pianta infestante, al pari dei rovi, del bosco abbandonato e degradato, tanto che in Nuova Zelanda è stata dichiarata “organismo non gradito” e non può essere propagata, distribuita o venduta, rappresentando per la sua crescita veloce e vigorosa una minaccia per le specie native. In Italia una direttiva del Ministero della Salute del luglio 2009 non consente di inserire l’intera pianta erbacea negli integratori alimentari, in quanto è una pianta velenosa in tutte le sue parti e dagli effetti anche mortali. Per la presenza di alcaloidi e saponine risulta caustica e irritante. Può provocare irritazioni cutanee al contatto, produce sulla pelle lesioni eritematose, pustole, vesciche e ulcere. I mendicanti solevano applicare sulla pelle le sue foglie stropicciate per procurarsi piaghe e ulcere per suscitare commiserazione tra la gente, tanto che veniva chiamata “erba dei cenciosi”.
In passato la parte legnosa veniva anche fumata con grave pericolo superiore senz’altro a quello della nicotina, almeno a breve termine, e ancora oggi se ne consumano i germogli bolliti o per farne delle frittate anche se è consigliabile utilizzare esclusivamente le parti molto giovani in cui la concentrazione delle sostanze tossiche è più bassa.
I suoi lunghi tralci sono tradizionalmente utilizzati per la tessitura di cesti e per legare le piante ai loro sostegni: si raccolgono in inverno, potando le liane di uno-due anni. Le liane si possono usare fresche, dopo essere state sbucciate, oppure se ne fanno dei rotolini e si fanno seccare; dopo un ammollo di un paio d’ore in acqua tiepida, tornano flessibili.